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La commemorazione

Trent'anni senza Miran Hrovatin, la lezione del figlio Ian e "la luce che non si spegne"

Questa mattina nell'aula del consiglio comunale si è tenuta la commemorazione per il trentesimo anniversario dalla morte del cineoperatore della Rai, ucciso a Mogadiscio il 20 marzo del 1994 assieme alla giornalista Ilaria Alpi. Il sindaco Dipiazza: "Quell'omicidio è ancora senza colpevoli". L'umanità e le parole del figlio di Miran: "Il nome di mio padre viene quasi sempre associato a verbi al passivo, quasi come se fosse un oggetto invece che un soggetto, quasi come se la morte fosse nel suo destino, ma mio padre ha rincorso e raccontato la vita"

TRIESTE - C'è stata grande commozione in consiglio comunale quando Ian Hrovatin, figlio del Miran ucciso a Mogadiscio il 20 marzo del 1994, ha parlato davanti ad un'aula in trepidante silenzio. A trent'anni dall'assassinio del cineoperatore della Rai, morto assieme alla collega giornalista Ilaria Alpi, su quei fatti non c'è ancora verità e la vicenda suscita ancora, nella comunità triestina, un'emotività non indifferente. A sottolineare la colpevole assenza di giustizia c'ha pensato il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza che, poco prima di annunciare l'intitolazione di una via a Hrovatin, ha rimarcato che "quell’omicidio ufficialmente è tuttora senza colpevoli". Ma è stato soprattutto il discorso fatto dal figlio che ha svelato aspetti non comuni della vita del padre, contribuendo a tenere vivo il suo ricordo. “Il nome di mio padre viene quasi sempre associato a verbi al passivo, quasi come se fosse un oggetto invece che un soggetto, quasi come se la morte fosse nel suo destino, un'eventualità o un danno collaterale della ricerca della verità, questo però non potrebbe essere più lontano dalla realtà". 

"Era un raggio di luce che non si spegne"

Miran Hrovatin "ha raccontato non la morte, bensì la vita e la dignità degli afflitti, la forza d'animo dei rifugiati, una famiglia che cerca riparto dai proiettli". Fosse la nebbia di Sarajevo o il sole cocente della Somalia Hrovatin ha rincorso la vita "sempre attraverso lo specchio della sua telecamera, riflesso della sua stessa umanità. La sua capacità di vedere anche nel contesto più scuro la speranza, la resilienza delle persone, come un fiore che resiste alle bombe e che cresce ostinatamente nelle crepe e nel cemento, cosi come la vita stessa. Miran ci ha insegnato attraverso le sue immagini e la sua risata che, anche nel momento più buio, basta un piccolo raggio di luce, affinché la vita e l'umanità possano sbocciare e, molto spesso attraverso un gesto di gentilezza a chi ne aveva bisogno, posando la sua telecamera, era lui stesso un raggio di luce e, una luce del genere non si spegne, rimane viva nel nostro spirito per sempre, brillando nell'oscurità e indicando il cammino a tutti noi che guardiamo nel cielo in cerca di una guida". 

"Intitoleremo una via a Miran", l'annuncio del sindaco

Il suo ricordo "sarà sempre vivo"

Un evento che, nelle parole di Ian, ha voluto commerare "non solo il cineoperatore scomparso ma Miran Hrovatin, un marito, un fratello, un padre e un amico eccezionale che amava il suo lavoro e che lo faceva con anima e precisione. Finché ha vissuto mio padre è stato l'incarnazione della passione e del rispetto della vita ed è questo che vorrei ricordare oggi, una persona straordinaria che voleva vivere e che ci ha lasciato in eredità una fonte d'ispirazione ed un esempio da seguire oggi e sempre". La madre di Ian e moglie di Miran, Patrizia Hrovatin, ha concluso la commemorazione ricordando che “Miran è una persona che portiamo sempre nel cuore. Io sono cosi grazie a Miran che mi ha insegnato veramente tanto e lo ha insegnato anche a Ian che aveva solo 8 anni e per noi il suo ricordo sarà sempre vivo”.

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