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Il caso

Il parcheggio, il sacco sulle spalle e la torcia: testimonianze in ex opp, ma niente è stato ripreso

Nell'ambito delle indagini sulla morte di Liliana Resinovich sono tre le testimonianze rese da altrettante sanitarie che lavorano nelle strutture del parco dell'ex ospedale psichiatrico di San Giovanni. Nessuna delle tre, a dire il vero, verrà suffragata da immagini di videosorveglianza. La Mobile negli atti trasmessi alla Procura: "Potrebbero richiamare le caratteristiche di Covalero", ma dalle intercettazioni non emergerà nulla di "interesse investigativo"

TRIESTE - Le testimonianze raccolte dalla Squadra mobile di Trieste nell'ambito delle indagini sulla scomparsa di Liliana Resinovich e cadute nel vuoto a causa anche dell'assenza di telecamere sono tre. Il teatro degli episodi è il parco dell'ex ospedale psichiatrico del rione di San Giovanni e in tutti e tre i casi i fatti vengono circoscritti ai giorni precedenti il ritrovamento del cadavere della sessantatrenne triestina. E' quanto emerge dai documenti della Squadra mobile giuliana che compongono parte del fascicolo, di cui la pubblico ministero Maddalena Chergia ha da poco chiesto l'archiviazione. In tutte e tre le occasioni le testimonianze provengono da personale sanitario che lavora all'interno del comprensorio: in due casi sono sanitarie che lavorano presso il Dipartimento Dipendenze Legali Alcologia 8un'infermiera e una operatrice socio-sanitaria), nel terzo caso invece si tratta di una dipendente della casa di riposo Gregoretti, sita in di via dei Ralli. Ma andiamo con ordine. 

Quel parcheggio in via Weiss, la sera del 3 gennaio

E' il 3 gennaio, ta le 20:30 e le 21. Deborah (nome di fantasia), infermiera di Asugi, si reca nel parcheggio di via Weiss per dare da mangiare ad alcuni gatti randagi della zona. "Sul posto - si legge negli atti trasmessi alla Chergia - aveva notato un'autovettura, riconducibile ad un'utilitaria, ferma a fari spenti, con la luce dell'abitacolo accesa e con all'interno una persona, che a lei era parsa un uomo". L'infermiera, nel verbale della Mobile che viene stilato il 7 gennaio (data in cui viene ascoltata), sostiene che "in un anno e mezzo" (periodo da quando aveva iniziato a sfamare i gatti) "non aveva mai visto nessuno a quell'ora in quel parcheggio". La donna consegna anche una dash cam posizionata sull'auto, ma dall'analisi fatta nei piani alti della questura "non risultano immagini relative al giorno 3 gennaio". "Ho ritenuto di non scendere dalla mia autovettura perché quella presenza - racconta alla Mobile - mi destava un po' di inquietudine". Ingrana la retromarcia e se ne va, tornando verso casa. 

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Il giorno dopo: la sera del 4 gennaio

Più o meno stessa ora, questa volta del giorno dopo. E' il 4 gennaio, qualche minuto dopo le 20. Katarina (nome di fantasia), dipendente della casa di riposo, percorre vicolo dei Roveri in salita. La via collega la parte bassa di via San Cilino al parco dell'ex ospedale psichiatrico. In zona c'è il residence Bottacin, villa ottocentesca da qualche anno diventata apprezzata residenza turistica. Davanti alla donna cammina un uomo "di corporatura robusta, non snello, che procedeva lentamente sembrando affaticato e che portava sulla schiena qualcosa di grandi dimensioni che gli occupava tutto il dorso". Una sorta di "sacco nero, oppure qualcosa che era coperto o infilato in un sacco nero" e ancora "ho notato che l'uomo non teneva il sacco con due mani all'altezza delle spalle né da un lato, né dall'altro e non ricordo se lo tenesse con una mano sola". Quando lo supera, Katarina racconta agli uomini della Mobile che l'uomo "aveva la barba che copriva gran parte della guancia", "folta ma disordinata", forse "un po' bagnata sul davanti". La Mobile (c'è ancora Sfameni all'epoca, che di lì a poco verrà trasferito, con al suo posto Alessandro Albini) non perde tempo e lo stesso giorno compie un sopralluogo sul posto. Lì, però, come nel primo caso e nonostante il cartello del residence Bottacin, di telecamere neanche l'ombra. 

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La terza testimonianza: la torcia

"Erano circa le 6:50, il mio compagno ha rallentato e prima di fare la curva ho notato una figura che aveva in mano una torcia elettrica accesa la cui luce puntava verso il basso. Stava camminando verso l'alto, ci stava venendo incontro di fronte e si trovava sul lato sinistro della strada. Mi è sembrato anziano, vestito di scuro, portava un berretto scuro con una visiera corta. L'uomo era di alteza media e di corporatura normale. Ho notato che aveva la barba bianca". Cosa ci fa un uomo anziano di notte in via Weiss, a circa cento metri in linea d'aria dal luogo del ritrovamento del corpo di Liliana, alle prime luci dell'alba del 5 gennaio? Sono le 11:04 del 6 gennaio quando Stefania (nome di fantasia) rilascia delle sommarie informazioni alla Squadra mobile di Trieste. Chiedono se il berretto indossato è una coppola, ma la donna risponde di non averne certezza assoluta. A poca distanza c'è il teatro Basaglia e alcuni edifici diroccati che la Mobile controllerà nei giorni successivi. Ma anche qui, di telecamere, neanche l'ombra (se non quelle della linea 12 della Trieste Trasporti, visionate in un'altra fase).

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Chi è l'uomo?

Ma chi è quindi l'uomo che le tre donne sostengono di aver visto? E' lo stesso uomo oppure sono persone diverse? E soprattutto, hanno un ruolo nella scomparsa di Liliana oppure no? E' il 9 gennaio e la Mobile trasmette gli atti in Procura. "Alla luce delle segnalazioni (quelle di Katarina e di Stefania), si rappresenta che le descrizioni fornite potrebbero richiamare, tra la cerchia di amici/conoscenti sinora emersi le caratteristiche fisico/somatiche di Covalero Fulvio". Covalero verrà intercettato (come Claudio Sterpin e Sebastiano Visintin, oltre che Salvatore Nasti e la moglie Gabriella Micheli), ma dalle conversazioni non emergeranno "elementi di interesse investigativo". 

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