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La recensione / Barriera Vecchia - Città Vecchia / Piazza Giuseppe Verdi, 1

Una imperdibile Anna Bolena al Verdi: brilla il cast diretto dal maestro Ciampa

Le ultime tre repliche del capolavoro di Donizetti andranno in scena il 26 gennaio alle 20, e il 27 e 28 alle 16

TRIESTE - Due le regine nella trama del libretto e due sul palcoscenico ad incarnare quelle storiche. Potrebbe sembrare strana una simile incoronazione artistica delle cantanti così giovani, ma le loro interpretazioni non chiedono alcuno sconto dovuto all'età. È proprio il modo in cui il soprano Salome Jicia e il mezzosoprano Laura Verrecchia rendono le due mogli di Enrico VIII, rispettivamente Anna Bolena e Giovanna di Seymour, a testimoniare la loro maturità e potenza sia vocale sia scenica. Tra l'opulenza delle difficoltà imposte dalla partitura, entrambe si muovono con una regalità persino sorprendente, suadenti e assolutamente veraci, un traguardo spesso arduo nell'ambito belcantistico.

La sensibilità e la tecnica, la potenza e la duttilità vocale, la consapevolezza delle dinamiche emotive e psicologiche dei personaggi, si fondono in una densità di atmosfere squisitamente variopinta, avvolgente, capace di commuovere, culminata nel loro duetto e nella scena della pazzia della sovrana condannata. Certamente, non sono le due protagoniste l'unico motivo che rende imperdibile questa Anna Bolena, il capolavoro donizettiano risuscitato e immortalato dalla divina Maria Callas, di scena al Teatro Verdi ancora 26, 27 e 28 gennaio, nel allestimento dell'Arena di Verona già apprezzato a Trieste dodici anni fa per la distinta ed elegante regia di Graham Vick, impreziosita dalle accattivanti scene e particolarmente ispirati costumi di Paul Brown.

A dire il vero, è difficile indicare un solo acme dello spettacolo siccome l'intero cast, fresco e pieno di entusiasmo, non solo possiede le indiscutibilmente pregevoli qualità interpretative su tutti i livelli richiesti dal melodramma, bensì si impegna genuinamente a sfoggiarle. Anche nei passaggi più aspri, rimane notevolmente sicura, ben controllata e calda la squillante voce di Marco Ciaponi, un acclamatissimo Lord Percy di curato fraseggio e fine musicalità. Imperioso, lascivo, inquieto, privo di scrupoli e segnato da debolezze occultate - esattamente come lo vuole la storia - è il volubile re Enrico di Riccardo Fassi, un basso suggestivo che senza titubanze regge gli acuti del ruolo, mantenendo sempre il suo bel timbro.

Veta Pilipenko è senz'altro uno Smeton di lusso; si meritano i sinceri plausi Nicolò Donini (Rochefort), Andrea Schifaudo (Hervey), nonché il coro preparato accuratamente da Paolo Longo. Con un gesto tanto delicato e ricercato quanto risoluto, il maestro Francesco Ivan Ciampa dirige la diligente orchestra, assecondando puntualmente la sostanza emotiva e narrativa della partitura, senza inutili enfasi e attento all'estro dei cantanti. Per essere puntigliosi, si potrebbe dire che sul versante registico il finale del primo atto, dopo il duetto tra Anna a Percy, risulta alquanto confusionale e improvvisato, ma pur trattandosi di uno dei momenti clou di quest'opera, il danno è trascurabile. Numerosi gli applausi a scena aperta, ma forse ancora più elettrizzanti sono quelli secondi di un silenzio assoluto dopo il sipario finale, prima delle ovazioni che esplodono come se il pubblico avesse seguito la vicenda a fiato sospeso.

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