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Quell'elisir made in Cavana, la storia della ferrochina triestina

A metà Ottocento i Serravallo iniziano la produzione della ferrochina. Un po' di aneddoti nel video realizzato per raccontare le vicende di un luogo della città, tanto iconico quanto storico

Il Vino di China ferrugginoso Serravallo, o semplicemente ferrochina, è qualcosa di mitico per una certa generazione. Un liquore che veniva dato perfino ai bambini come rimedio medico per i momenti di spossatezza e debolezza.

Quello che può sembrare un "rimedio della nonna" è in realtà il frutto di un lavoro di laboratorio farmaceutico. La ricetta pare sia stata inventata nel 1848 proprio a Trieste da Jacopo Serravallo che possedeva una farmacia in piazza Cavana.

La ferrochina deve le sue doti benefiche alle proprietà dei suoi ingredienti. Oltre al citrato di ferro, più facilmente reperibile, e forse interessante scoprire proprio la china. Si tratta infatti di un albero dell'America del Sud. Leggenda vuole ne abbia diffuso l'uso in Europa la contessa spagnola de Chinchón, dopo che la polvere della corteccia di china l'aveva guarita dalla malattia. Per lungo tempo la china è stata un bene prezioso e con prezzi elevati, mentre oggi viene coltivata in varie regioni tropicali.

La ferrochina Serravallo riscosse un grande successo. Dalla produzione laboratoriale si passò ad una produzione pseudo-industriale. Le vendite si diffusero in tutto il mondo, arrivando fino a Tokyo. Oggi è ancora possibile acquistare la ferrochina in piazza Cavana alla Farmacia al Redentore, tant'è che viene proposta anche ai turisti e fatta assaggiare in occasioni come la Barcolana. A cent'anni dalla "Coscienza di Zeno" vale la pena ricordare che anche Svevo la menzionò definendola "il famoso ricostituente".

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