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"Chiediamo la cittadinanza onoraria per Julian Assange"

Lettera aperta in favore del giornalista e attivista Julian Assange

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di TriestePrima

Julian Assange è il caporedattore e il principale fondatore dell’associazione WikiLeaks, che dal 2006 raccoglie, verifica e pubblica documenti provenienti da tutto il mondo garantendo l’anonimato delle fonti, al fine di dare ai cittadini un’informazione più trasparente e di contribuire così alla costruzione consapevole delle democrazie, che senza una sana libertà d’informazione non possono esistere. Negli anni le rivelazioni dell’associazione hanno gettato luce su crimini e abusi compiuti da governi e aziende, pubblicando milioni di documenti ufficiali che rivelano la realtà dei fatti su temi quali il sistema di spionaggio sempre più intensivo e soffocante dei governi sui propri popoli (che si sta sviluppando in modo trasversale e indiscriminato, dall’Occidente all’India e alla Russia), la guerra sporca tra società occidentali e cinesi per i diritti minerari in Africa, il coinvolgimento dell'Arabia Saudita e del Qatar in varie azioni di supporto alla formazione terroristica dell’ISIS e i concreti dubbi sul coinvolgimento statunitense in esse, le esplicite pressioni politiche compiute dai diplomatici americani negli anni Duemila verso numerosi governi (compreso quello italiano) e molti altri ancora. Ha inoltre permesso di conoscere i crimini di guerra perpetrati dagli USA durante le guerre e la successiva permanenza dell’esercito americano in Iraq e in Afghanistan, rendendo pubblici i database che contengono i “Diari di guerra d’Afghanistan e d’Iraq”, dopo aver accuratamente oscurato, attraverso la collaborazione con importanti giornalisti e media partner (tra cui il Guardian), tutti i nomi dei soggetti che sarebbero stati messi in serio pericolo da tali rivelazioni. Oggi il suo principale esponente, Julian Assange, è rinchiuso nel carcere di massima sicurezza inglese “HM Prison Belmarsh” (la “Guantanamo britannica”), nel quale è stato incarcerato nel 2019, in condizioni che il relatore ONU sulla tortura e sul trattamento inumano, Nils Melzer, ha definito di “tortura psicologica” e che deteriorano ogni giorno la già grave condizione fisica e mentale del giornalista. Ma la prigione di Belmarsh non è che il tragico approdo finale di tanti anni già passati “sotto reclusione”. Per evitare le ritorsioni del governo americano, infatti, nel 2012 il giornalista si era rifugiato nell’ambasciata londinese dell’Ecuador, paese che gli aveva concesso asilo come rifugiato politico. Assange era poi rimasto confinato per sette anni in quel palazzo, ovvero fintantoché il governo dell’Ecuador, nel frattempo cambiato, non aveva revocato la sua protezione, permettendo alle autorità inglesi di fare irruzione nell’edificio e di arrestarlo. Anni in cui l’ambasciata è rimasta costantemente sorvegliata da agenti speciali di Scotland Yard, che hanno impedito a quest’ultimo di uscire all’aria aperta o addirittura di recarsi all’ospedale senza rischiare l’arresto e le sue ben peggiori conseguenze. Ma ora, dopo anni di persecuzione, la situazione rischia di peggiorare ulteriormente: dopo una lunga battaglia legale, il 17 giugno 2022 l’allora ministra dell’Interno inglese Priti Patel ha dato il via libera all’estradizione di Julian Assange negli USA. Il governo degli Stati Uniti vuole processare il giornalista per spionaggio in nome dell’Espionage Act, una legge iniqua risalente al 1917 che non fa alcuna distinzione in termini di condanna tra spie vere e proprie e persone che invece rivelano informazioni riservate nel nome del pubblico interesse (i cosiddetti “whistleblower”). Per questa accusa, egli rischia fino a 175 anni di carcere. Le conseguenze dell’estradizione di Assange sarebbero quindi catastrofiche: lo sarebbero innanzitutto per la sua salute psicofisica già sull’orlo del tracollo, poiché il giornalista sarebbe tombato vivo in una prigione di massima sicurezza degli USA, paese dal quale non può aspettarsi un giudizio equo né un trattamento dignitoso e che ha dimostrato di essere pronto a tutto pur di impedirgli di fare il suo lavoro. Ma questo processo trascende il solo aspetto personale e si delinea come un pericolosissimo attacco al giornalismo e alla libertà d’informazione, in cui gli USA rischiano di creare un precedente per tutto l’Occidente, un precedente che legittimerebbe anche un paese che si dice democratico a imprigionare un giornalista per aver detto troppo, per aver messo le più potenti istituzioni di fronte alle proprie responsabilità, per aver svelato ciò che i cittadini non devono sapere. Citando il relatore ONU Nils Melzer, “Qui non si tratta solo di proteggere Assange, ma di impedire che si crei un precedente in grado di segnare irrevocabilmente il destino della democrazia occidentale. Perché laddove esporre la verità dovesse diventare un crimine, mentre i potenti si godono l'impunità, avremmo destinato la nostra voce alla censura e affidato il nostro destino a una tirannia senza freni. A quel punto sarebbe troppo tardi per correggere la rotta.” Per questa ragione chiediamo che i comuni della regione Friuli-Venezia Giulia accordino a Julian Assange la propria cittadinanza onoraria, seguendo l’esempio di altri comuni italiani (Pescara, Marcellinara, Lucera), in riconoscimento dei suoi alti meriti nella libertà d’informazione e nella difesa della democrazia e come forte e risoluto segnale di mobilitazione a sostegno del giornalista.

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