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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca

Anagoor al Rossetti: "Virgilio brucia" ancora

Grande successo per il gruppo di Catelfranco. Lunghi applausi per un viaggio in cui l'Eneide ci rivela il dolore, la sofferenza, la distruzione

Non delude nemmeno questa volta il gruppo Anagoor che lunedì 15 gennaio ha portato in scena al Rossetti lo spettacolo “Virgilio brucia”. Ancora una volta ci fa pensare, riflettere e lo fa riportando alla luce un personaggio del mondo antico, maestro del nostro presente che non si distacca molto dalle dinamiche odierne. Ed è questo il punto di forza del gruppo: la volontà di creare continuità tra passato e presente, dimostrando che i concetti vanno oltre il tempo. la possibilità di un momento storico di risorgere nel presente attraverso una nuova chiave di lettura che lascia aperto lo spazio all'interpretazione dello spettatore

Pochi elementi, pochi fronzoli: la scena è semplice. Si gioca con le parole, che pesanti penetrano nella nostra anima a ritmo di musica. Il gruppo di Castelfranco ci presenta Virgilio e ci fa fare un viaggio in tutte le sfaccettature dello scrittore e della figura generica del poeta. L'intento è quello di farci riflettere su ciò che nasconde la patina aulica che avvolge le opere classiche: l'Eneide ci rivela il dolore, la sofferenza, la distruzione. 

Il viaggio con Anagoor si divide in varie parti. Andiamo anche nel regno dei morti e lo facciamo attraverso la proiezione di un video che rappresenta la nascita di diverse specie animali. Ma questa nascita avviene forzatamente negli allevamenti industriali: è meccanica ed endemica. Tenta di dominare il processo creativo della natura, spesso interrompendo involontariamente la riproduzione di un nuovo e sano ciclo vitale. Le nascite sono manipolate tecnicamente, estratte attraverso un braccio meccanico, come fossero inanimate. Le creature immerse in un recinto, a soffocare inconsciamente ed ad intralciarsi fra di loro nello spazio di pochi metri. Ed è per questo che vita e morte diventano irrimediabilmente concetti molto simili. 

Non mancano i "Consigli a un giovane scrittore" di Danilo Kiš, recitati in serbo che sembrano assumere la forma dei dieci comandamenti. Ogni consiglio ci indirizza verso la metriotes e l''autarkeia in un senso più profondo: non bisogna mai del tutto appartenere a una dimensione. Stando sospesi, si può divenire quel che si è, senza per forza prendere una posizione definitiva seppur mantenendo un equilibrio nell'autosufficienza della propria identità, senza pretendere o forse pretendendo troppo. Quasi un rimprovero, quando davanti a noi stessi ci si materializza la lontananza dalla giusta via.

A coronare il momento, un sublime coro che rende le scene sacre e solenni.

Voci e musiche da paesi lontani ci accompagnano nel nostro cammino di espiazione che non è solo nostro ma è anche dell'intera Storia. Elegante è anche il rito della raccolta del miele, a ricordarci le Georgiche. Un brusio di sottofondo ci rivela la presenza delle api ma ogni movimento è curato e il rito non può che trasformarsi in cerimonia.

L'apice dello spettacolo è il momento della lettura del libro II dell'Eneide, recitato in latino in metrica e interpretato in maniera magistrale da Marco Menegoni davanti ad Augusto che domina il palcoscenico con una grande maschera dorata. Le ultime parole ci cullano in un dolce amaro ricordo: Enea è lì, davanti a noi, mentre cerca di abbracciare per tre volte Creusa, ormai un'ombra simile ai "venti leggeri", alle "ali di un sogno".

Difficilmente non si riesce a cogliere la bellezza e la maestosità di una lingua forse troppo sottovalutata al giorno d'oggi ma allo stesso tempo ci ricorda che l'essere umano è destinato ad una misera esistenza: noi non siamo cambiati, anzi il tempo ci punisce sempre più.

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