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Caso Cucchi, scritte anti-Polizia e Carabinieri anche a Trieste

Il segretario provinciale del Sindacato autonomo di Polizia Lorenzo Tamaro: «Siamo i primi a pretendere e non solo chiedere la verità, sul caso Uva, sul caso Cucchi e su qualsiasi altro caso. Basta con la disumanizzazione ingiusta delle forze dell’ordine»

«Siamo i primi a pretendere e non solo chiedere la verità, sul caso Uva, sul caso Cucchi e su qualsiasi altro caso. Noi del Sap siamo quelli che chiediamo da tempo, al posto del fuorviante numero identificativo, le telecamere su ogni agente, ogni auto e ogni ufficio di polizia. Le videocamere registrano ogni istante, la verità di un fatto senza perdonare nulla né ai poliziotti né ai delinquenti che non la vogliono; il fatto stesso che questa proposta venga da noi stessi la dice lunga». Il segretario provinciale del Sindacato autonomo di Polizia Lorenzo Tamaro in seguito all'apparizione di scritte anti-polizia anche sui muri della città di Trieste, a San Giusto, relative al caso Cucchi.

«Aspettiamo gli esiti dei processi; stanno emergendo tanti elementi che potranno contribuire a ricostruire cosa realmente sia successo. È proprio di questi giorni - continua Tamaro - la sentenza della Corte dei Conti in appello sul caso Aldrovandi che ribalta il verdetto sul risarcimento alla famiglia, attribuendolo quasi interamente a carico del “Viminale” perché i colleghi avevano agito applicando le tecniche insegnate nella formazione, una sentenza che potrebbe far “revisionare” l’intera vicenda e che certifica quanto sostenuto dal Sap negli scorsi anni».

«Quanto accaduto nei giorni passati, con la pubblicazione su Facebook, da parte dei familiari delle vittime, delle foto del carabiniere e del poliziotto indagati, sono fuori luogo - afferma il segretario provinciale - e le scritte apparse anche sui muri di Trieste, a San Giusto, appartengono ad una cultura del “partito dell’anti-polizia” e non a quella garantista con chi ancora non sia stato dimostrato colpevole».

«In realtà da tempo c’è una sorta di strategia che punta a “condizionare” la giustizia e soprattutto l’opinione pubblica - attacca Lorenzo Tamaro -; noi crediamo invece che si debba necessariamente restituire il giudizio solo ed esclusivamente alla verità, in modo trasparente. Azioni come quelle della pubblicazione delle immagini degli agenti, li espongono solamente a pericolose minacce e istigano all’odio: tutto ciò non fa bene alla verità».

«Ancora una volta si tenta di condannare a priori i servitori dello Stato che, fino a prova contraria, debbono necessariamente essere ritenuti innocenti come qualsiasi altro cittadino. Troppo spesso dobbiamo assistere ad una giustizia mediatica o virtuale, riproponendo come esempio di mala polizia i soliti pochissimi casi, sempre se su questi poi effettivamente sarà stabilito che qualcuno ha sbagliato. Di errori ce ne possono essere in qualsiasi professione, in questi casi si tratterebbe di una misura davvero minima a fronte dei milioni di interventi di “buona” polizia alla quale assistiamo, spesso senza clamore o dovere di cronaca. Grazie a questo servizio indispensabile prestato alla comunità, la stragrande maggioranza dei cittadini ripongono un’ampia fiducia nelle forze dell’ordine più che nelle Istituzioni stesse. A Trieste nel 2014, ad esempio, sono state effettuate 68410 chiamate al numero di soccorso pubblico del 113, per richiedere l’intervento della Polizia. Basta quindi con la disumanizzazione ingiusta delle forze dell’ordine - conclude Tamaro -, si pensi piuttosto ad attrezzarle per farle lavorare bene e riconoscere il loro valore sociale dando una vita dignitosa alle loro famiglie».

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