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Salute e alimentazione

Celiachia: Trieste maglia nera in Fvg per locali con opzioni senza glutine

Rispetto alle altre province sono pochi i ristoranti nel circuito dedicato e i negozi che accettano il pagamento con tessera sanitaria, oltre alla difficoltà a trovare una brioche in centro per colazione. I problemi dei celiaci in una città, nonostante innegabili miglioramenti negli ultimi anni

TRIESTE - Brioche senza glutine quasi introvabili, scarsa attenzione alle contaminazioni e pochi ristoratori inseriti nel circuito Alimentazione Fuori Casa di AIC: a Trieste la cultura dell’inclusione alimentare per chi è affetto da celiachia fatica a decollare nel mondo della ristorazione, anche se i miglioramenti negli ultimi anni sono innegabili. E’quanto emerge da alcuni dati e da diverse testimonianze, non ultima quella di AIC (Associazione Italiana Celiachia) del Fvg. La celiachia, per chi non lo sapesse, è una malattia autoimmune che causa gravi danni all’organismo se il paziente assume glutine, una proteina presente in diversi alimenti quali tra cui il grano e quasi tutti i cereali.

I locali aderenti al circuito AIC a Trieste e che figurano sull'apposita applicazione (riservata ai soci), sono meno rispetto agli altri capoluoghi regionali. In proporzione al numero di abitanti e tenendo conto degli altri comuni nelle province, il capoluogo giuliano è maglia nera con 11 locali, a Pordenone se ne contano 21, a Gorizia 13 (di cui quattro sono distributori automatici in strutture sanitarie) e a Udine ben 37 (di cui solo due distributori). Con i negozi (tra supermercati e specializzati) che accettano i "buoni" tramite la tessera sanitaria, la situazione non migliora: a Trieste ce ne sono 15, a Udine 30, a Pordenone 28 e a Gorizia 14, numero comunque superiore a Trieste in rapporto al numero di abitanti (i dati sono aggiornati alla fine del 2022).

Tornando ai ristoranti, per essere inseriti nel circuito AFC, spiega il presidente regionale di AIC Fvg Stefano Collauto,  si deve aderire al progetto nazionale Alimentazione Fuori Casa (AFC) sottoscrivendo un protocollo che prevede, tra le altre cose, la formazione dei ristoratori mediante professionisti formati e l'effettuazione di monitoraggi di controllo ogni sei mesi o un anno. Si tratta di un corso informativo, ad oggi ancora gratuito, con interventi di medici per la parte sulla celiachia e tecnologi alimentari per la parte di gestione della cucina, delle materie prime e delle procedure per assicurare l'assenza di contaminazione. Un corso che permette al ristoratore di entrare nel circuito Aic e di comparire nella app dedicata che geolocalizza le strutture aderenti. Un modo per essere più visibili e facilmente individuabili da chi ha l'esigenza di un piatto senza glutine.

Rossella Paniccià, referente per Trieste di AIC Fvg, spiega che “Trieste è una realtà particolare e non ha mai risposto in maniera importante all’iniziativa. Diversa la situazione in altri capoluoghi regionali, specialmente a Udine, dove abbiamo riscontrato molto più interesse”.

Le ragioni di questa scarsa partecipazione potrebbero essere più di una: più che la cultura del “no se pol” e la presunta diffidenza triestina verso le novità, le ragioni si troverebbero anche nell’atteggiamento dei clienti affetti dalla patologia: “i ristoratori – spiega l’esponente di AIC - ci riferiscono che diversi clienti affetti da celiachia mangiano lo stesso anche se non si espone l’adesivo AIC. Questo perché a volte i celiaci hanno un atteggiamento poco attento verso la propria condizione. Molti sono asintomatici, quindi se mangiano cibo contaminato non se ne accorgono, ma questo non significa che il danno all’organismo non ci sia”.

Il rischio di contaminazione è infatti dietro l’angolo: “Diverse pizzerie – spiega Paniccià - si fanno portare le basi con la teglia di alluminio, ma se viene usato lo stesso cucchiaio e gli stessi ingredienti usati per le altre pizze può esserci contaminazione. Va detto che in passato c’è stata, e sta continauando anche se con meno vigore, la ‘moda’ di eliminare il glutine dalla dieta e questo ha fatto forse calare l’attenzione sulla necessità di una dieta rigida e attenta nella scelta degli ingredienti e delle modalità di preparazione. Si è creata così molta confusione tra la moda, la  sensibilità al glutine  e la malattia celiaca".

Parte della scarsa adesione triestina verso questo progetto è forse da imputare alla dimensione dell’abitudinarietà in un centro storico non troppo vasto come quello triestino. Davide, trentenne triestino affetto da celiachia, spiega che “in genere individuiamo quattro o cinque posti di fiducia, non abbiamo bisogno della app per trovare un posto dove mangiare. Diverso è il discorso per i turisti, che a Trieste sono sempre di più e non sanno bene come muoversi, in questo caso essere visibili sulla app sarebbe una grande opportunità per i ristoratori”. 

Per Andrea, quarantenne diagnosticato negli anni novanta, "la situazione è cambiata completamente da una decina di anni. Negli anni 90 o non ti davano da mangiare o proprio non capivano. Oggi c’è molta più consapevolezza e molta più offerta, basta avvertire quando si prenota, anche se a volte corro il rischio della contaminazione e metto in conto la possibilità di stare male. E’anche importante il fatto che da un anno ci sia la ricetta digitale sulla tessera sanitaria, un’innovazione che ha cambiato il mondo, oggi puoi fare la spesa anche in diversi supermercati”.

Un problema rilevato da molti è invece la scarsa possibilità di fare colazione con una brioche la mattina: “alcuni bar – spiega Elisa, 35enne -  ordinano le brioche già pronte dalla panetteria ‘Un mondo senza glutine’ (che non è propriamente in centro ma a San Giacomo), alcuni ricorrono alle brioche scaldabili all’interno di un involucro (e quindi non contaminate) e quasi nessuno ordina quelle surgelate, che necessitano comunque la cottura in un forno piccolo insieme alle altre. Sempre più bar vendono merendine confezionate ma il piacere della brioche è tutta un’altra cosa, che tutti danno sempre per scontata e a volte per noi è un miraggio. Le soluzioni sarebbero molte, in città vedo poca voglia di metterle in pratica”. 

Se ti sei sentito discriminato in quanto persona affetta da celiachia e vuoi raccontare la tua storia scrivi a redazione@triesteprima.it.

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