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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca

Maxi sequestro di mascherine in Porto: la Gdf scopre 11 milioni di pezzi contraffatti

La guardia di finanza e l’agenzia delle dogane e dei monopoli hanno sequestrato mascherine chirurgiche, Ffp2 e Ffp3, che avrebbero esposto a rischi le categorie più esposte al virus come le forze dell'ordine e i sanitari

In circa un anno la Gdf di Trieste e l’agenzia delle dogane e dei monopoli del capoluogo giuliano hanno sequestrato oltre undici milioni di mascherine chirurgiche e Dpi con capacità filtrante Ffp2 e Ffp3) di cui circa quattro milioni nei primi quattro mesi di quest’anno. Nell'anno appena trascorso i militari hanno intensificato i controlli finalizzati al contrasto dei traffici illeciti di prodotti medicali non conformi alla normativa sanitaria. In particolare vengono eseguiti approfonditi riscontri sia documentali sia sostanziali sui dispositivi medicali che, in rilevanti quantità, giungono presso l’importante hub triestino, provenienti prevalentemente dalla Turchia e destinati al territorio italiano e a diversi paesi dell’unione europea.    

Il materiale sequestrato

Le verifiche hanno sin qui permesso, sotto la direzione della procura della repubblica di Trieste, di porre sotto sequestro oltre undici milioni di pezzi (fra mascherine chirurgiche e Dpi con capacità filtrante Ffp2 e Ffp3) di cui circa quattro milioni nei primi quattro mesi di quest’anno. Nella maggior parte dei casi si tratta di mascherine sprovviste delle prove di laboratorio o che riportano, sui relativi confezionamenti, indicazioni false per il consumatore in ordine alle qualità, così inducendo in errore il potenziale acquirente, anche sulle asserite capacità di protezione dal virus.

I test di laboratorio effettuati - infatti - hanno permesso, nella maggior parte dei casi, di disconoscere la capacità filtrante dichiarata su numerosi dispositivi, riportanti la marcatura “ce” e corredati da documentazione tecnica - in apparenza genuina - emessa da un organismo notificato turco. Gli accertamenti in ambito europeo, con la collaborazione di Olaf – ufficio europeo antifrode, ed extraeuropeo, hanno consentito di impedire che i dispositivi non conformi fossero utilizzati dagli utenti maggiormente esposti al rischio di contagio, quali gli operatori sanitari e gli appartenenti alle forze di Polizia, cui tali prodotti sarebbero stati destinati. Se introdotti sul mercato, i dispositivi avrebbero potuto garantire illeciti ricavi per una cifra non inferiore ai venti milioni di euro. 

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