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Cronaca

Una telecamera ogni 50 metri nel centro cittadino: luci e ombre del “Grande fratello” nelle strade di Trieste

Sono circa 350 i dispositivi contati da TriestePrima nel borgo Teresiano, un centinaio di queste sono comunali. Nel circuito della sorveglianza urbana non ci sono telecamere Hikvision, marca cinese finita sotto i riflettori di Report per presunte fughe di dati verso la madrepatria, tuttavia un esperto di videosorveglianza assicura che molti dei dispositivi usati dai privati di tutto il Fvg hanno questo marchio di fabbrica

Piene di “pupille elettroniche” le strade del centro cittadino: in media una ogni 50 metri, tra telecamere comunali e impianti di telesorveglianza privati. Trieste Prima ne ha contate 347 in tutto il borgo Teresiano, percorrendo ogni singola via, nell’area inscritta tra le rive, piazza Unità, Corso Italia e il tratto di via Carducci che va dalla dai volti di Chiozza alla Stazione Centrale. A quest’area abbiamo aggiunto anche viale XX Settembre fino al politeama Rossetti, più la zona della “movida” che comprende via Cavana, via Torino e via Diaz. Il conteggio include le telecamere della videosorveglianza urbana del Comune (circa un centinaio nel centro cittadino) più quelle dei privati, e tiene conto solo di quelle immediatamente visibili, posizionate sul suolo pubblico, o non visibili ma segnalate da appositi cartelli. Il numero di “occhi digitali” sarà quindi maggiore tenendo conto di quelli nascosti e non segnalati oltre che di quelli installati all’interno degli esercizi commerciali ma con una visuale rivolta parzialmente all'esterno. L'utilità delle telecamere Dispositivi spesso indispensabili nell’individuare i colpevoli di atti vandalici, come l’imbrattamento della statua di D’Annunzio lo scorso weekend. In questo specifico caso la cittadinanza, tramite i media, ha potuto vedere la registrazione dell’atto, messo in pratica da una coppia di incappucciati, forse consci di agire sotto i “riflettori” del salotto buono dei triestini. Strumenti non solo carichi di suggestioni letterarie e cinematografiche, da Orwell a Kubrick, ma quotidianamente citati nelle cronache locali quando le indagini delle forze dell’ordine volgono a buon fine. I filmati vengono spesso richiesti anche ai privati per individuare gli autori di risse, vandalismo o peggio, e si rivelano strumenti di pubblica utilità a pieno titolo.

L'"arma" del Comune per il decoro urbano

Un sistema in cui la Giunta Dipiazza crede molto e, come conferma al telefono il vicesindaco Paolo Polidori “attualmente sono più le telecamere nel centro cittadino che quelle in periferia ma una parte dell’avanzo di bilancio da 10milioni di euro sarà stanziata per ‘coprire’ anche zone periferiche e parchi pubblici, visti anche gli episodi di vandalismo recenti nelle nostre aree verdi”. La proposta sarà discussa proprio in questi giorni e la cifra, conferma Polidori, sarà “consistente”.

Il prezzo del “Grande Fratello”

Ha fatto discutere nei giorni scorsi un servizio di Report riferito alle telecamere di produzione cinese Hikvision, che da tutta Italia comunicherebbero verso indirizzi Ip cinesi anche se dovrebbero essere chiuse a qualsiasi contatto esterno. Una vera e propria fuga di dati verso la Cina, quella descritta dai giornalisti di Report, che per rilevare questa informazione hanno simulato un attacco informatico al sistema di videosorveglianza Rai. Scenario che fa riflettere se pensiamo a tutto ciò che i dispositivi in questione sono in grado di fare al momento: dal rilevare la temperatura corporea al riconoscimento facciale. La Polizia locale di Trieste fa comunque sapere che non ci sono telecamere Hikvision nel circuito di sorveglianza comunale, mentre è difficile stabilire quanto questa marca sia diffusa tra i privati.

Il parere del security manager

Un autorevole parere in merito ce lo dà Marco Cavalli, Security manager del gruppo MD System, che opera in tutto il Friuli Venezia Giulia: “Hikvision è leader assoluto nel mercato privato, queste telecamere sono utilizzate ovunque, anche nella nostra regione, offrono prestazioni altissime a un prezzo nettamente inferiore alle grandi marche, anche della metà. Sono tecnologie che permettono anche di vedere a 300 metri di distanza e sono installate in tutta Italia, nei negozi e nei pubblici esercizi perché i clienti privati sono invogliati da questi prezzi”.

Più telecamere private che comunali

“Le telecamere della videosorveglianza definita urbana – precisa Cavalli - sono poche rispetto quelle in uso dei privati, che vengono correntemente in aiuto alle forze dell’ordine”. Informazione pienamente supportata dai dati raccolti da Trieste Prima, che vedono un centinaio di apparecchi installati dal Comune su circa 350 totali (senza contare, appunto, quelle non immediatamente visibili).

Sorge da sé la domanda: qual è il reale prezzo, in termini di privacy e di libertà personale, di tutta questa sicurezza ad alta definizione e a basso costo? Domanda che in Europa e nel mondo sembra risalire a ben prima del servizio di Report, in particolare un articolo del lontano 2016 sul sito inglese Ipvm (che riprende “The voice of America”), spiega che le telecamere Hikvision sarebbero state rimosse dall’ambasciata Usa in Afghanistan per “problemi di cybersecurity” (qui l’articolo tradotto https://www.securindex.com/news/leggi/1920/le-telecamere-hikvision-rimosse-dallambasciata-usa-in-afghanistan), e lo stesso provvedimento sarebbe stato adottato dal Parlamento europeo poche settimane fa (link: https://www.securindex.com/news/leggi/3647/il-parlamento-europeo-rimuove-hikvision-per-abusi-dei-diritti-umani).

La notizia è dello scorso 29 aprile: le termocamere Hikvision per rilevare la temperatura delle persone all’interno del Parlamento verranno rimosse poiché, citando testualmente l’europarlamentare olandese Lara Wolters, “Hikvision è stata accusata di fornire sistemi per la sorveglianza nei campi di internamento nella provincia dello Xinjiang ed esiste un rischio inaccettabile che Hikvision, attraverso le sue operazioni in questa provincia, contribuisca a gravi violazioni dei diritti umani”. In particolare, come illustra anche il servizio di Report, il Governo cinese si servirebbe di questi dispositivi, dotati anche di riconoscimento facciale, per sorvegliare la minoranza turcofono musulmana degli uiguri nella citata provincia dello Xinjiang, per ragioni di sicurezza e antiterrorismo. Sembrerebbe tuttavia che gli uiguri vengano imprigionati e trasferiti in campi di ”rieducazione” per poi essere impiegati come manodopera in condizioni di lavoro estenuanti, lontano dai loro villaggi.

Molti, quindi, gli inquietanti spunti di riflessione nel sapere che i nostri dati potrebbero essere trasferiti dall’altra parte del mondo, verso contesti molto diversi da quelli a cui siamo abituati, con differenti visioni del termine democrazia. Interrogativi amplificati anche dalla prospettiva di una tecnologia sempre più in grado di “leggerci” nel profondo, dalla nostra temperatura alla nostra stessa identità, finanche al nostro umore.

“La video analisi – sostiene Cavalli – è già presente in parecchi edifici in Friuli, ottima tecnologia per integrare i sistemi di video sorveglianza, peccato per la non possibilità di installare il riconoscimento facciale (a causa delle leggi sulla privacy) che sarà il futuro e soprattutto darà un volto certo a chi delinque”. Parole che, sul fronte della sicurezza, rincuorano. Sulle altre problematiche fin qui descritte le domande aperte restano ancora tante.

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