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Lunedì, 29 Aprile 2024
presente e futuro

Nuove assunzioni alle dogane: "Il porto corre, non bastano"

I sindacati esprimono soddisfazione per la conclusione della vertenza che ha portato all'ottenimento di nuove importanti risorse per gli uffici di Trieste. "Ma in questi anni non si è tenuto conto della crescita dello scalo". Tempo fa gli addetti erano più di 200. Se i numeri venissero confermati, a primavera potrebbero essere circa 140. Il "nodo" di Fernetti con Schengen. "Bisognerà vedere cosa deciderà il governo"

TRIESTE – L'Agenzia delle dogane del capoluogo giuliano potrà contare sull’arrivo di nuove risorse, ma l’attuale livello di occupazione testimonia l'incapacità del settore pubblico di tenere il passo con la crescita esponenziale del porto. Cisl, Flp, Usb e Confsal mostrano soddisfazione per la conclusione di una vertenza che nelle scorse settimane, dopo circa dieci mesi di trattative, ha portato all’ottenimento per gli uffici triestini di un risultato importante sul fronte del personale, anche se, nonostante le rassicurazioni, il livello di attenzione “deve rimanere alto”.

I numeri: passato, presente e futuro

Fino a qualche anno fa l’organigramma era composto da oltre 200 persone. Ora, invece, il numero si ferma a poco più di 120 addetti, con la proiezione di "arrivare a 140 in primavera". Un dato che verrà raggiunto proprio grazie a qualche decina di inserimenti, dopo che l’ultimo concorso a Trieste (rinunce permettendo) ha alzato il tetto dei nuovi addetti da 45 a 77. Il risultato è stato possibile grazie “ad una sinergia portata avanti dai sindacati – così Luigi Marcianò di Cisl –, che ha permesso di sopperire, almeno in parte, alle criticità dell’ultimo periodo. Non è la fine delle problematiche, sia chiaro, ma rappresenta comunque un buon punto di partenza”. I nuovi addetti (una prima tranche di 22-23 impiegati) dovrebbe prendere servizio tra i mesi di novembre e dicembre. Il resto, come si diceva, in primavera.  

La gestione complessiva: un sistema che soffre

Un tema di fondo, al di là delle dichiarazioni ufficiali e dei comunicati stampa di facile scrittura, è la gestione complessiva del sistema e le criticità che provengono dall'esterno. Se da un lato la conferenza stampa di questa mattina è servita ai sindacati per esprimere soddisfazione rispetto alla conclusione della vertenza ("non sempre finisce così"), dall’altro rimangono diversi nodi da sciogliere. La responsabilità sarebbe legata soprattutto al fenomeno di crescita degli scambi portuali a cui non è seguito, come denunciato da tempo dai sindacati, l’incremento delle risorse umane da parte dell'agenzia centrale. A tutto ciò si aggiunge una situazione internazionale che, dopo i fatti del 7 ottobre in Medioriente, ha prodotto la sospensione del regime di Schengen, portando conseguenze significative, dal punto di vista dei controlli, anche negli uffici di Fernetti.

Fernetti: come la sospensione di Schengen non aiuta

Lì, attualmente, vengono impiegate poco più di 20 persone, dove invece qualche anno fa (la sede è “staccata” rispetto a Trieste dall’1 dicembre 2016 ndr) i numeri raccontavano di almeno il doppio degli addetti (un totale di circa 45 addetti). Un fronte che potrebbe surriscaldarsi ancora, vista la volontà da parte dell’esecutivo Meloni di prorogare la sospensione della libera circolazione (ma potrebbe andare avanti chissà per quanto tempo) almeno fino ad inverno inoltrato. Un tempo erano operative anche Rabuiese e Basovizza. "Ora quegli edifici sono fuori uso" hanno sottolineato i sindacati. Insomma, l'ottenimento di nuovi addetti non risolverebbe alcune problematiche diffuse. 

La vertenza: "Un primo passo"

Tornando alla vertenza, secondo i sindacati “è stata l’agenzia centrale ad accogliere il nostro invito e a far sì che le dotazioni in organico venissero implementate. Un ruolo importante è stato svolto soprattutto dalle Rsu. Non è un traguardo, ma è un primo passo significativo”. Sullo sfondo la pressione rimane alta, anche in vista del 15 novembre, data in cui è previsto uno stato di agitazione di tutte le assemblee a livello nazionale. A segnare la differenza rispetto al passato, per i sindacati, è stata una sorta di regionalizzazione dei concorsi, ovvero la possibilità per i candidati di esprimere preferenza in merito al territorio di assegnazione, una volta passata la fase finale. “C’è un alto tasso di rinuncia – così i sindacati -, che ha evidentemente a che fare anche con ciò che è successo dopo il Covid”. Tra una fuga dal posto fisso e le possibilità offerte dal mercato del lavoro privato, spesso i concorsi pubblici rischiano di non raggiungere gli obiettivi fissati, di fatto producendo criticità strutturali pesantissime per tutto il sistema. Un tema che non riguarda solo le dogane, ma tutta la macchina statale.

L'epoca d'oro, ma le dogane non corrono come il porto

“Prossimo anno in Friuli Venezia Giulia – ancora i sindacati – ci saranno una quindicina di cessazioni, numeri che andranno a sommarsi alle trenta già in corso. Per questo motivo, anche se arriveranno nuove risorse, l’attenzione deve rimanere alta”. Il quadro generale è quello di una regione che pesa sul bilancio nazionale, per numero di addetti, servizi ed operatività, tra il due e il tre per cento. Un dato che però si scontra con il ruolo, sempre maggiore e sempre più in crescita, di uno scalo giuliano che durante la golden age firmata Zeno D’Agostino ha inanellato un record dietro l’altro. “Le dogane necessitano di un supporto inderogabile. Qualche anno fa eravamo oltre 200, oggi invece siamo poco più di 120” hanno concluso le sigle sindacali. 

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