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Sabato, 27 Aprile 2024
La testimonianza

Proteste, lotta e occupazioni: le battaglie delle donne per le donne

Il racconto di Ester Pacor delle occupazioni e dei movimenti che negli anni settanta portarono all'apertura dei consultori familiari

TRIESTE - In queste prime settimane dell’anno uno dei temi più caldi per la città è quello della chiusura dei consultori a San Giovanni e San Giacomo: Asugi dal 24 gennaio ha infatti accorpato i servizi di consultorio familiare nelle sedi di Valmaura e Roiano. La lotta per la nascita di queste strutture iniziò negli anni Settanta e, una delle persone presenti alla manifestazione di martedì 23 gennaio in via San Marco, Ester Pacor, già assessore alla sanità per la provincia di Trieste, ne è stata protagonista. Nel ’77 Pacor fu parte dell’ occupazione del Burlo Garofolo e dell’Ospedale Maggiore. Abbiamo raccolto la sua testimonianza, per fare il punto della situazione e fare un confronto tra ieri ed oggi.

Gli anni 70

“Negli anni 70 non c'era nulla, nel senso che non si usava alcun tipo di contraccettivo perché era vietato. Quindi no prevenzione, no pillola, no preservativo, no divorzio, perché, anche se la legge era del 1970, non era stata ancora adeguata alla norma sul diritto di famiglia, come poi è avvenuto nel 1975. Oltre a queste battaglie, che sono femministe da sempre, in quel periodo l'ONU aveva dichiarato l'anno internazionale della donna, 1975, invitando tutti i paesi a celebrare l'8 marzo, che allora aveva assunto un significato molto importante perché la parità delle donne non c'era, così come le leggi. Le rappresentanze ancora adesso mancano, ma allora erano ancora meno. La presenza politica nelle istituzioni era praticamente nulla. A livello scolastico, le donne raggiungevano il diploma ma spesso non la laurea. Quindi c'era una gran voglia di cambiamento, e anche di tutela della salute femminile; il parto cominciava ad essere più medicalizzato”.

Le occupazioni

Alla domanda di che cosa ricorda di più di quelle giornate di lotta e occupazioni Pacor risponde: “Tantissima gente, tantissime donne. Eravamo giovanissime, ovviamente. Avevo circa 25 anni e sono stata eletta a 23. Eravamo molto più assidue di quanto non accada oggi, nella frequentazione delle associazioni femministe. Iniziava in quel periodo, il discorso dell’autogestione del corpo, e si pubblicavano molti libri che sarebbero diventati fondamentali dal punto di vista della cultura delle donne. Si stava insieme e si ragionava molto di più, confrontandosi, insomma. Abbiamo occupato tre sedi in città, per fare i consultori, che da lì a poco, sarebbero stati fondati ufficialmente e soprattutto abbiamo lavorato per la legge regionale, che è molto buona rispetto alle altre regioni perché prevede la gestione sociale e un consultorio ogni 20 mila abitanti. Nel 1977 c'era più dialogo? No, era ancora peggio. Nessuno sapeva niente di niente. Il primo consultorio in Italia è nato in provincia di Torino, a Nichelino, posto che abbiamo voluto visitare in quegli anni, dove c'è ancora tantissima esperienza di rapporto con la gente. In Consultorio si parla di tutto, non soltanto di aborto. Diventa un luogo di aggregazione, una specie di centro sociale che è ufficiale, un luogo di ritrovo radicato nel territorio”.

La situazione oggi

Tornando ai giorni nostri, Pacor, lamenta la più totale assenza da parte di Asugi di dati in merito all’utilizzo dei consultori: “non abbiamo nemmeno un documento anche per capire se la scelta di chiudere due strutture così importanti sia dettata da un calo di utilizzo di queste stesse. Al direttore Poggiana chiediamo un dialogo e che venga finalmente alla luce la verità”.

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