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Omicidio Trajkovic, caso chiuso: accusa e difesa ritirano l'appello

Confermati i 23 anni di reclusione per il 23enne Ali Kashim. La procura generale della corte d'appello e gli avvocati difensori rinunciano al ricorso e la condanna in primo grado diventa definitiva

TRIESTE - Conclusione inaspettata per il processo in appello ad Ali Kashim, omicida del 17enne Robert Trajkovic: la procura e gli avvocati difensori rinunciano al ricorso e la condanna in primo grado diventa definitiva. Per il 23enne, che nel gennaio del 2022 aveva strangolato il giovane Robert in uno stabile di via Rittmeyer, vengono così confermati i 23 anni di reclusione. Inizialmente il procuratore generale presso la Corte d’appello Luigi Leghissa aveva chiesto il riconoscimento della premeditazione e la negazione delle attenuanti generiche, riconosciute in primo grado insieme alla sola aggravante dei futili motivi. Gli avvocati di parte civile, Gabriella Frezza e Ivana Busatto, dopo la condanna, avevano dichiarato di voler sollecitare la procura a ricorrere in appello, azione che oggi è stata ritirata davanti alla Corte presieduta dal giudice Paolo Alessio Vernì (a latere Alessandra Burra). Ritiro del ricorso anche da parte degli avvocati difensori Antonio Cattarini e Mariapia Maier, legali di Kashim, che chiedevano invece la negazione dell’aggravante dei motivi abbietti e futili per ottenere una riduzione della pena. Pena che rimarrà invece quella stabilita dalla Corte d’assise, senza la possibilità di ulteriori ricorsi.

"Abbiamo fatto la valutazione che riteneniamo più corretta - hanno dichiarato Cattarini e Maier -, condivisa con il nostro cliente che ha sempre ammesso la sua responsabilità e ritiene che sia il momento di iniziare a espiare quella che per noi, a questo punto, è una giusta pena, senza più incertezze. Rivive la sentenza del 30 giugno come se questa fase non fosse esistita". Per i legali c'era "il rischio di rimetterci nelle mani di altri giudizi, anche per un eventuale ricorso in Cassazione, situazione probabilmente insostenibile dal punto di vista psicofisico", con la precisazione che, con una condanna definitiva, "è possibile iniziare dei percorsi di reinserimento e studio per preparare un ritorno alla società, visto che è un ragazzo molto giovane". 

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