Una società cinese "scheda" le autorità portuali italiane, nella lista anche Trieste
Una società cinese stila un enorme report che raccoglie migliaia di nomi del mondo della politica e dell'imprenditoria italiane oltre che delle autorità portuali di Trieste, Genova e Civitavecchia. Presenti anche i nomi di parenti e partner, con relativa "scheda"
Un enorme dossier, stilato da una società cinese, che raccoglie migliaia di nomi del mondo della politica e dell'imprenditoria italiane oltre che delle autorità portuali di Trieste, Genova e Civitavecchia. Come riportano "Il Foglio" e alcune testate internazionali, la società privata cinese con base a Shenzhen, la Zhenhua, ha prodotto la Okidb (Oversea Key Information DataBase), che raccoglie informazioni presenti pubblicamente sulle piattaforme social ma anche su articoli e blog. La prima parte riguarda esponenti del mondo della politica, dell'industria e della chiesa, con informazioni anche sui familiari e i coniugi, mentre la seconda si riferisce a persone che lavorano per i porti di Trieste, Genova fino a Civitavecchia.
Secondo il Foglio, in questa seconda parte sarebbero presenti “1.012 nomi di persone che hanno a che fare con l'influenza e gli obiettivi della Cina. Esiste, come prevedibile, tutta la famiglia Berlusconi fino all'ultimo dei nipoti. La famiglia Renzi. La famiglia Merloni e Ferrero”. Una terza parte conterrebbe invece 2.732 nomi di indagati e condannati, per lo più “membri della criminalità organizzata”. Ognuno di questi nomi sarebbe pi catalogato secondo parole chiave, che definiscono i reati, presunti o commessi (estorsione, traffico di esseri umani, riciclaggio e altro).
Critiche da Pd e Forza Italia
Violente critiche dal Pd: in particolare il membro della Commissione Esteri della Camera Andrea Romano, ha parlato di “una vicenda, se vera, molto inquietante, non solo per la clamorosa violazione della privacy ma soprattutto per i risvolti relativi alla sicurezza nazionale”. Anche Forza Italia esprime preoccupazione: la deputata Deborah Bergamini chiede al ministro degli esteri Di Maio di convocare l'ambasciatore cinese e di riferire al Parlamento”.