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Venerdì, 26 Aprile 2024
La lite / Barriera Nuova - Città Nuova / Foro Ulpiano

Violenta lite in struttura d'accoglienza: tre condanne, poi il ricorso

Nella lite, scoppiata nel 2019, era stato usato anche un oggetto contundente appuntito. Coinvolte due coppie tra cui una donna incinta. E' successo in un appartamento adibito ad accoglienza a Barcola, dove i quattro convivevano. Due degli imputati sono irreperibili

Dopo il fatto di sangue che ha visto coinvolte due coppie di stranieri in una struttura di accoglienza, il giudice emette tre condanne. Per la coppia originaria della Georgia sei mesi di reclusione, per il marito della donna incinta (entrambi originari dell’Iraq) quattro mesi. Questa la sentenza emessa lo scorso 22 giugno dal giudice Enzo Truncellito, in seguito alla quale la difesa dei due georgiani (assenti all'udienza e irreperibili) ha presentato ricorso in appello. Nella lite era stato usato un oggetto metallico appuntito. 

Il fatto è accaduto nel maggio del 2019 in un appartamento nel rione di Barcola, dove i quattro convivevano. Nella violenta lite, che sarebbe scaturita per futili motivi legati all’uso della cucina, le due donne si sarebbero messe a discutere animatamente. A quel punto, in difesa della moglie incinta, sarebbe sopraggiunto il 27enne iracheno e si sarebbe messo a litigare con il 46enne georgiano. Qui le varie testimonianze raccolte divergono in alcuni punti, ma è emerso che nella violenta lite il 46enne avrebbe colpito l’avversario sulla schiena con un utensile appuntito lungo35 centimetri, usato per la misurazione del diametro interno degli anelli. Alla lite avrebbe partecipato anche sua moglie, una donna di 48 anni. Al termine della colluttazione il 27enne ha riportato lesioni guaribili in 10 giorni, il 46enne una prognosi di 25 giorni per un trauma facciale. 

L’avvocato Matteo Di Bari, che assiste la coppia georgiana, ha presentato ricorso contro la sentenza che ha condannato il 27enne iracheno a una pena minore perché si è ritenuto abbia agito per “legittima difesa”. L'avvocato dichiara tuttavia che “le testimonianze divergono”, che il 27enne (assistito dall’avvocato Enrico Miscia) “ha altre esperienze criminali all’attivo” e che il 46enne georgiano avrebbe a sua volta agito per legittima difesa, vista anche “la maggiore stazza” dell’altro imputato. Infine, tra le motivazioni del ricorso la mancata testimonianza in primo grado della donna incinta, che “avrebbe dovuto essere anch’essa imputata nel processo, avendo anch’essa partecipato attivamente alla lite ed essendo, anci, forse, la parte scatenante della lite”.

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