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Martedì, 30 Aprile 2024
Il processo / Barriera Nuova - Città Nuova / Foro Ulpiano

Trasportò venti tonnellate di pellet con certificazione falsa: assolto

Il titolare di un'azienda con sede nel salernitano era indagato dopo i controlli a Fernetti. E' stato assolto perché "non è stata dimostrata l'intenzionalità della truffa". Il carico valeva diverse migliaia di euro

Era indagato per aver trasportato in Italia un carico di pellet da oltre venti tonnellate con marchio di qualità contraffatto, ma è stato assolto dal Tribunale di Trieste nelle scorse settimane. E’ successo al titolare di una grande impresa ubicata nel salernitano, un 35enne di origine ucraina, che ha importato il carico dall’estero attraverso l’ex valico di Fernetti. Qui, nell'aprile del 2020, un militare della guardia di finanza ha controllato i documenti e ha chiamato per accertamenti l’agenzia delle Dogane in quanto il bollino di certificazione di qualità della merce era falso. Si trattava del marchio di certificazione "Din Plus" che, è stato verificato, non era stato rilasciato dall'ente competente. Sono così iniziate le indagini, condotte dal Pm Pietro Montrone, a cui poi è subentrato il Pm Federico Frezza, ed è stato disposto il sequestro della merce e la perquisizione dell’azienda da parte della Gdf locale, ma non è stato trovato nulla di irregolare. Non si sono quindi rilevate le prove che l’imputato fosse a conoscenza della falsificazione e che avesse perpetrato una truffa per orientare illecitamente le scelte dei consumatori. L’imputato, difeso dall’avvocato Luca Muto, del foro di Salerno, insieme all’avvocato Matteo di Bari del foro di Trieste, è stato assolto dal giudice Alessio Tassan.

“L’imputato è stato assolto in toto perché non c’è stata prova della frode”, spiega l’avvocato Muto, precisando che “le dogane avrebbero dovuto stabilire se quel prodotto era o meno contraffatto, ma il doganiere che è stato escusso non è riuscito a dare la motivazione e con le sue dichiarazioni non ha fatto altro che confermare quello che noi abbiamo detto in fase di indagini preliminari”. Per gli avvocati, quindi, “il cliente non aveva contezza di quello che comprava e oltre a dare prova del pagamento con le regolari fatture non poteva fare. L’imputazione avrebbe dovuto essere in capo ad altri, ma essendo stranieri non era possibile, per la territorialità del processo”.

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