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Livello dei mari e crisi climatica, nel 2060 porto vecchio e piazza Unità sott'acqua

Sea Level Change, un sistema della Nasa di previsione dell'innalzamento del livello dei mari e che tiene conto dei cambiamenti climatici in corso, si basa su dati raccolti negli ultimi anni anche per la nostra città. I numeri sono a dir poco preoccupanti

"Non chiedetemi cosa fare in porto vecchio, va alzato di due metri". L'appello era stato lanciato dall'ex rettore dell'Università degli Studi di Trieste Maurizio Fermeglia nel 2019 in occasione di Link, il festival del giornalismo che si tiene ogni anno nel capoluogo del Friuli Venezia Giulia. L'affermazione riemerge in questi giorni in cui, oltre a discutere di surriscaldamento globale, di incendi devastanti e catastrofi ambientali in molte regioni del pianeta, grazie a Sea Level Change (strumento messo online dalla Nasa) possiamo toccare con mano l'innalzamento del livello dei mari. Una situazione che, complice lo scioglimento del permafrost tra Groenlandia e Siberia, nei decenni a venire potrebbe diventare catastrofica per parte dell'umanità. 

A Trieste: le rive sott'acqua

Secondo Sea Level Change, la previsione relativa alle coste triestine è drammatica. Il livello del golfo di Trieste crescerà di circa mezzo metro ogni 20 anni, questa la progressione stimata. Per fornire un quadro molto semplice, nel 2060 piazza Unità sarà completamente sott'acqua, così come buona parte del borgo Teresiano. Alcuni scenari immaginati già decenni fa da blockbuster hollywoodiani così distanti potrebbero essere apocalittici anche per la nostra città. Porto vecchio sommerso, la maggior parte delle attività che oggi la politica immagina tra vent'anni sarebbero già a rischio trasloco. Con una battuta potremmo sostenere come il mancato trasferimento dell'Icgeb da Padriciano all'antico scalo asburgico segni un punto a favore degli scienziati. Restare sul Carso significa sopravvivere, giusto?

L'esperto: "La situazione è in peggioramento"

 Le domande: cosa bisogna fare? 

Al di là dei witz, la storia dei cambiamenti climatici ci insegna che la classe politica non può più rinviare alcune decisioni e, soprattutto, necessitano di una proiezione sul futuro che tenga conto della crisi climatica. Dove la terra andrà sott'acqua le persone si sposteranno, innescando migrazioni che coinvolgeranno non più i richiedenti asilo della rotta balcanica o di Lampedusa, bensì anche noi stessi. Gli spostamenti creeranno nuovi bisogni e nuovi modelli di vita. Ed allora ci sono domande che vanno fatte: cosa si sta facendo per arrivare pronti all'appuntamento? Come pensa la nostra classe dirigente di governare il fenomeno? Perché è un continuo procrastinare, senza che poi gli effetti delle scelte siano visibili nell'arco di qualche anno? Per quale motivo non spostiamo l'asse dei finanziamenti su progetti diretti a contrastare l'irreversibile cambiamento? Perché continuiamo a tenere in vita interi settori che non producono praticamente niente? Perché esultiamo per cinque navi da crociera che arrivano a Trieste quando i motori di una nave inquinano alla stregue di 500 autovetture ferme al semaforo? Perché non ascoltiamo i ragazzi di Friday's for future?

Quanto inquina una nave da crociera? 

Saremo noi i nuovi migranti?

Dove si rifugeranno gli abitanti di Grado e Marano? E Muggia? Rovigno tornerà ad essere un'isola? La sorte di Venezia è già segnata, destinata a diventare un grandissimo parco acquatico per immersioni e via dicendo, in un'interminabile lista di paesi e località che un tempo esistevano e che scompariranno dalle mappe. Le lagune cesseranno di essere abitate, l'industria del pesce sorgerà nei paesi più all'interno e non più sulla costa. Tutti scenari possibili e determinati dall'impegno futuro delle Nazioni. Dal punto di vista socio-economico potrebbe manifestarsi un vero e proprio disastro, visto che paesi come la Cina non hanno alcuna intenzione di fermare le emissioni e le agende sul clima sono per lo più accozzaglie di impegni disattesi. Insomma, il quadro è a dir poco preoccupante e l'emergenza sanitaria innescata dalla pandemia da CoViD-19, la sterile polemica tra vax e no vax, le manifestazioni di piazza per ristori adeguati, ci sembrerànno semplicemente ricordi vaghi e lontani. Nel 1995 usciva al cinema il film Waterworld. La pellicola, ambientata nel 2648, raccontava di un futuro post apocalittico dove la Terra era stata completamente sommersa dall'acqua a causa dello scioglimento dei ghiacci. La rotta sembra essere proprio quella. [continua] 

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