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Venerdì, 26 Aprile 2024
Politica Duino-Aurisina

Omero (pd): il perche' del si alla Tav

Riceviamo e pubblichiamo una nota stampa di Fabio Omero, capogruppo del Partito democratico al comune di Trieste  Ieri sera il Consiglio comunale ha approvato i pareri sulla valutazione di impatto ambientale e sulle interferenze...

Riceviamo e pubblichiamo una nota stampa di Fabio Omero, capogruppo del Partito democratico al comune di Trieste


Ieri sera il Consiglio comunale ha approvato i pareri sulla valutazione di impatto ambientale e sulle interferenze dell'infrastruttura ferroviaria strategica, il corridoio 5, nella tratta Ronchi - Trieste. Pareri espressi con una serie di riserve tecniche sul progetto preliminare.

Favorevole tutto il centrodestra, favorevole una parte del centrosinistra con Rifondazione e Verdi contrari e due consiglieri del Pd astenuti.

Una mancanza di unità certamente legittima, che trova le sue ragioni nella scarsa trasparenza e informazione da parte di Rete Ferrovie Italia, che ancora una volta cala sul territorio un progetto - per altro non completo in tutto il suo percorso attraverso la provincia di Trieste - senza minimamente condividerlo con le forze politiche e sociali, con le associazioni ambientaliste e con i cittadini.

Eppure i presupposti dell'infrastruttura sono condivisibili dal momento che parliamo di un progetto per lo sviluppo del traffico merci.

È infatti facile propaganda, demagogia direi, evidenziare le contraddizioni di un suo utilizzo in termini di "alta velocità". Alta velocità, che da Ronchi il treno non sarà mai in grado di raggiungere e tanto meno di mantenere nei nodi di Aurisina e della circonvallazione sotterranea di Trieste, dove appunto la velocità prevista è di appena 60 km/h.

Un'infrastruttura, che fin dalla sua realizzazione sarà volano economico e sostegno all'occupazione per i prossimi 15 - 20 anni.
Un progetto, certo, concepito per tratte distinte e tempi diversi di costruzione - caratteristica questa contestata dagli ambientalisti, perché non garantisce una visione complessiva e soprattutto una valutazione unica del suo impatto economico e ambientale -, che però promuove comunque una crescita progressiva delle merci trasportate.

In realtà però ieri siamo stati chiamati a esprimere un voto non tecnico, ma politico. Un voto che risponde alla domanda: quale futuro vogliamo per Trieste?

Perché l'infrastruttura, se anche rispettasse il cronoprogramma, non sarebbe conclusa prima del 2031 e la sua funzionalità varrebbe per i prossimi 100 - 150 anni.
Mi chiedo - ci siamo chiesti - come possiamo dire di no allo sviluppo di un territorio, che riguarderà le generazioni future. Quando la classe politica è giustamente accusata di misurare le proprie scelte sempre solo sul contingente e mai sulle prospettive, interessata com'è a veder realizzati i progetti nell'arco della legislatura solamente per un ritorno in termini di consenso immediato.

In questo caso ragioniamo di un progetto strategico per Trieste e per tutto il nord-est. Ed è senza senso parlare di portualità e di piattaforme logistiche, se non sono accompagnate da una politica coerente dei trasporti. E una politica coerente è quella capace di fissare un obiettivo ambizioso sui tempi lunghi, ma contemporaneamente è capace anche di conseguire obiettivi concreti sui tempi brevi e medi.

Perché il porto diventi competitivo da subito basta infatti intervenire sul monopolio del trasporto su ferro e sulla liberalizzazione delle tariffe. Poi, procedendo per fasi, si dovrà intervenire adeguando la rete attuale per allestire treni di 750 metri, dotare i convogli di carri a doppia trazione e utilizzare le stazioni sulle 24 ore. E poi, ancora, realizzare gli interventi previsti dal progetto in questione, iniziando dalla ristrutturazione del complesso ferroviario di Monfalcone e continuando con il quadruplicamento del tratto San Polo - Monfalcone. Già così si passerebbe dagli attuali 110 mila teu trasportati all'anno dal porto di Trieste a 500 mila e poi a 1 milione 200 mila.

Per fare questo è necessaria appunto la politica. Perché i progetti vanno seguiti e sostenuti, le risorse garantite e gli impatti sul territorio mitigati.

Ma fin a oggi questa politica è stata assente a Trieste e in Regione. Dipiazza e Tondo non si sono visti a Roma, neppure a pretendere i famosi 30 milioni per la piattaforma logistica, promessi ma mai versati. Non si sono visti ai tavoli con Unicredit. E tanto meno si sono visti a Lubiana e a Bruxelles a discutere di programmi europei prioritari.

Trieste merita certamente molto di più. Merita una politica capace anche di rappresentare sensibilità diverse e di trovare poi la sintesi, ma capace soprattutto di misurarsi sui tempi brevi, medi e lunghi, capace di contrattare con il Governo e le imprese e capace di farsi sentire in Europa.

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