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Un centinaio di persone in piazza contro ogni forma di discriminazione razziale

Ha avuto luogo nel pomeriggio di oggi la manifestazione organizzata dal Comitato Pace Convivenza e Solidarietà Danilo Dolci in occasione dell'85esimo anniversario dell'annuncio delle Leggi razziali

TRIESTE - Circa un centinaio di persone, tra cui una decina di migranti, si sono ritrovate oggi in piazza Unità in occasione dell'85esimo anniversario dell'annuncio delle Leggi razziali del 1938. L'iniziativa è stata organizzata e promossa dal Comitato Pace Convivenza e Solidarietà Danilo Dolci e ha voluto essere un momento per dire "no" a ogni forma di discriminazione razziale e unire le forze per la pace. L'evento ha avuto un'eco contemporanea, toccando temi legati alle condizioni in cui versano i migranti. "Oggi è anche violenza e razzismo concreto trattare in modo inumano le persone rifugiate, senza alcuna politica di accoglienza, abbandonati a loro stessi,senza fornire nemmeno l’acqua e predisporre adeguati servizi igienici nei luoghi del Silos dove molti soggiornano", è stato evidenziato durante la manifestazione. Un concetto ribadito da Gianluca Paciucci, protavoce dell'associazione Tina Modotti che ha definito gli organi politici "inadempienti, omissivi" e incapaci di gestire l'emergenza. Per Gian Andrea Franchi di Linea d'Ombra, l'attuale razzimo "è ancora più pericoloso rispetto al razzismo storico". "E' come una nebbia difficile da combattere poichè si insinua nella vita quotidiana, anche attraverso l'indifferenza", ha sottolineato Franchi. Rispondendo all'appello del presidente del Comitato Luciano Ferluga diretto all'Amministrazione comunale, invitata ad intervenire, ha preso la parola anche la consigliera regionale del Patto per l’Autonomia e precedentemente consigliera comunale con Adesso Trieste Giulia Massolino, che ha ringraziato coloro che hanno preso parte all'iniziativa e ha sottolineato l'importanza della memoria. Nel corso della manifestazione, si è esibito il coro sociale di Trieste e sono state raccolte scarpe nuove per i richiedenti asilo provenienti dalla rotta balcanica. "Le scarpe sono un simbolo dei tempi passati e presenti: i rifugiati le lasciano dietro di sé nel tentativo di sfuggire a orrori inimmaginabili; nel passato invece gli ebrei le lasciavano prima di andare a morire nelle camere a gas nei lager nazisti - ha dichiarato Ferluga -. Buttar via un paio di scarpe perché consumate da un lungo viaggio è una realtà che affrontano e che testimonia a noi un bisogno di solidarietà. Come loro noi guardiamo al razzismo del passato e del presente, attorno a questo oggetto, umano, quotidiano, fondamentale".

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