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Lunedì, 29 Aprile 2024
Natura e ambiente

Dai gechi sul carso ai rondoni "suicidi": la fauna di Trieste e i cambiamenti climatici

Lucciole che si spengono e coralli, filtri naturali del mare, che sbiadiscono fino a soccombere: solo alcuni dei fenomeni che la fauna e la flora di Trieste stanno affrontando a causa dei cambiamenti climatici. Insieme ad alcuni scienziati che lavorano sul territorio, abbiamo tentato di tracciare alcune linee guida lungo le quali si delineano questi cambiamenti

Gechi che colonizzano il Carso, pulcini ‘suicidi’, lucciole che si spengono e i coralli, filtri naturali del mare, che sbiadiscono fino a soccombere: solo alcuni dei fenomeni che la fauna e la flora di Trieste stanno affrontando a causa dei cambiamenti climatici. Il regno animale e vegetale, a partire dagli anni 90 e, in maniera ancor più rapida, negli ultimi anni, sta cambiando sotto i nostri occhi e, insieme ad alcuni scienziati che lavorano sul territorio, abbiamo tentato di tracciare alcune linee guida lungo le quali si delineano questi cambiamenti. Con una doverosa premessa: spesso il confine tra surriscaldamento globale e intervento umano diretto sull’ambiente (come la pesca e l’agricoltura), non è così facile da stabilire. Tenendo presente che il surriscaldamento globale stesso, secondo la comunità scientifica, è conseguenza dell’intervento umano.

Le specie terrestri

Così Nicola Bressi, divulgatore scientifico e conservatore del Museo di Storia Naturale: “uno dei più eclatanti fenomeni è il comportamento del geco, che dagli anni 20 era presente solo nella fascia costiera, nel porto e nei luoghi più caldi e riparati. Alla fine degli anni 90 e nei primi anni 2000 aveva colonizzato tutta la città e, dal 2012, anche tutte le zone collinari come San Giovanni e San Luigi. Negli ultimi anni stiamo trovando popolazioni persistenti che si riproducono sul carso, da Prosecco a Gabrovizza a Opicina. Una situazione che, probabilmente, ai miei insegnanti sarebbe risultata incredibile”.

Un’altra specie un tempo circoscritta all’area mediterranea e poi ‘sconfinata’ in altre aree, è il ragno della specie Zoropsidae, simile alla tarantola ma lungo al massimo due centimetri, non pericoloso per l’uomo. Oramai si trovano questi esemplari anche in Germania e nelle aree storicamente meno calde del nostro territorio, così come il calabrone Vespa Orientalis,specie abbastanza pacifica da non confondere con il temuto calabrone asiatico che, come ricorda Bressi, “non è presente a Trieste”. La Vespa Orientalis, invece, “una volta era presente per lo più in Sicilia, poi è arrivata in Toscana, in Liguria e nelle Marche e, con le navi, fino a Trieste”, dove ora abbiamo “circa 200 favi, anche perché la città è piena di edifici abbandonati e vecchie fabbriche”. Qualcosa di simile accade con le piante, dove specie mediterranee quali salvia, rosmarino e alloro, sostituiscono specie tipiche del carso e abituate a temperature più rigide come il giglio martagone. Una tendenza che rappresenta una crescente minaccia alla biodiversità.

L’innalzamento della temperatura incide non solo sulla presenza, ma anche sul comportamento degli animali. E’ il caso del capriolo, una specie prevalentemente notturna che, in passato, non era così raro scorgere anche nelle ore diurne. “Ora - spiega Bressi - esce quasi solo di notte, è quasi impossibile vederlo di giorno. Questo aumenta il rischio di incidenti nelle strade che attraversano i boschi carsici, anche perché il periodo estivo è la stagione degli amori e questo causa un calo di intelligenza e lucidità negli animali”.

Alcune specie, invece, si avvicinano alla sparizione: è il caso dei ditischi, piccoli insetti acquatici, predatori di zanzare, decimati anche a causa del numero sempre minore di stagni. Stessa sorte sta toccando al grillo talpa, temuto dagli agricoltori, e alle ben più amate lucciole. “Un tempo si trovavano in tutti i giardini nelle serate estive, ora si organizzano addirittura delle spedizioni per andarle a vedere”, spiega il naturalista triestino. Vita dura anche per i passeri, tra cui il passero comune, il passero europeo, quello mitteleuropeo e la passera mattugia, “una volta le grondaie venivano intasate dai loro nidi - spiega Bressi -, ora si è fortunati a vederne una ogni tanto”, e questo accade sia per il crescente uso di insetticidi che per le aumentate temperature. “Secondo Arpa Fvg la temperatura si è alzata di un grado e mezzo negli ultimi decenni e gli insetti sono animali a sangue freddo, quindi hanno la temperatura dell’ambiente. Pensiamo a quando abbiamo la febbre e vedremo che è più difficile sfuggire ai predatori con un grado e mezzo in più. Più insetti muoiono prima della riproduzione e meno cibo ci sarà per gli uccelli insettivori, la cui popolazione diminuirà di conseguenza”. 

L'avifauna

Altra specie che contraddistingueva le estati triestine (e non solo) prima della fatidica soglia degli anni 90 è il rondone. Un tempo i canti di questi volatili riempivano anche gli ambienti urbani nelle serate estive, ora quel suono sta diventando sempre meno comune. Così spiega Igor Maiorano, delegato della Lipu di Trieste: “i migratori di lungo raggio risentono del cambiamento climatico perché il Sahara diventa sempre più ampio e la distanza da percorrere sempre più lunga. Inoltre, in Italia meridionale, trovano meno habitat adatti dove riposare e mangiare in caso di siccità e si nota una variazione di tempistiche nelle migrazioni, che in primavera sono sempre più anticipate. Così, quando le uova si schiudono, non è momento di massima disponibilità alimentare e mancano quei tipi di insetti indispensabili a sfamare i piccoli. Oltre al fatto che con il caldo e la siccità ci sono meno insetti”. E’ il caso di specie come l’usignolo, presente anche nelle aree periurbane, o l’assiolo, un piccolo rapace notturno. Tornando al rondone, Maiorano riferisce un fenomeno particolarmente triste: “durante le estati molto calde i giovani che non sono ancora in grado di volare, si lanciano fuori dai nidi (costruiti sotto le tegole o in altre cavità dei nostri palazzi) a causa delle temperature troppo alte, e ovviamente muoiono. A questo fattore si aggiungono anche le numerose ristrutturazioni edili che negli ultimi due anni ha causato una riduzione dei siti di nidificazione e che purtroppo solo in pochi casi sono stati sostituiti grazie alla posa di nidi artificiali".

Nel mare

Per quanto riguarda la fauna marina, spiega Saul Ciriaco dell'Area Marina Protetta di Miramare, "solitamente le specie cosiddette aliene arrivano con azioni determinate dall'uomo portate dalle acque di zavorra delle navi o rilasciate da acquariofili, come forse accaduto per il pesce Sergente e altri esemplari provenienti dai mari caldi. Tuttavia l’aumento delle temperature, tuttavia, ne facilità l’insediamento. Diverso ancora è il fenomeno della meridionalizzazione, ovvero l’arrivo di specie provenienti dal mediterraneo più caldo che non si spingevano mai alle nostre latitudini come invece accade negli ultimi anni complice la crisi climatica che ne facilità non solo l’arrivo ma il perdurare nel tempo. Così recentemente abbiamo visto murene e barracuda nella zona di Muggia, di solito presenti sporadicamente e oggi più comuni”. E’ il caso anche della donzella giunta in Golfo nel lontano 2010. Le condizioni di temperatura mite facilitano anche la risalita di specie cosmopolite come il pesce serra, particolarmente vorace e potenziale minaccia per le specie locali come i cefali e per la biodiversità in generale. Così anche il granchio blu, specie aliena che ha ormai in larga parte soppiantato i granchi locali.

Un’altra grave conseguenza del surriscaldamento dei mari è lo sbiancamento dei coralli e delle spugne nere: “una settimana a una temperatura in mare di 27 - 28 gradi - spiega Ciriaco - provoca picchi di sofferenza che, se perdurano, possono diventare irreversibili. Una colonia di coralli in meno significa qualità ecologica più bassa e perdita di biodiversità e servizi ecosistemi.  Una serie di fenomeni, quelli descritti da chi studia gli animali del territorio, che sembrano avere conseguenze a cascata, imprevedibili e collegate a fattori interdipendenti. Soprattutto, sono cambiamenti che avvengono a ritmi sempre più sostenuti e che invitano ad adottare soluzioni in tempi altrettanto brevi.

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