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"Histri in Istria", a Trieste la mostra e gli eventi collaterali su storia, usi e costumi degli Istri

La prima conferenza dedicata a “Nesazio. Dalle fonti ai primi scavi” si terrà martedì 16 gennaio 2024 a Palazzo Gopcevich con Gino Bandelli e Marzia Vidulli Torlo. La mostra è invece allestita al Museo di Antichità “J.J. Winckelmann” e aperta al pubblico fino al 1° aprile, da martedì a domenica, dalle 10.00 alle 17.00

Nesazio. Dalle fonti ai primi scavi” è il tema del primo dei sei eventi collaterali alla mostra “Histri in Istria”, realizzata dalla Comunità Croata di Trieste insieme al Museo Archeologico dell'Istria in coorganizzazione con il Comune di Trieste, allestita al Museo di Antichità “J.J. Winckelmann” di Trieste e aperta al pubblico fino al 1° aprile 2024, da martedì a domenica, dalle 10.00 alle 17.00.

Il tema

Incentrata su storia, usi e costumi degli Istri, è un viaggio attraverso oltre 200 reperti archeologici alla riscoperta del popolo che ha dato il nome alla penisola Istriana e che ne ha abitato le terre fino alla caduta del centro fortificato di Nesazio nel 177 a.C. Una preziosa esposizione realizzata con il sostegno della Regione Friuli Venezia Giulia, della Fondazione CRTrieste e di diverse Istituzioni croate.

Martedì 16 gennaio 2024, alle ore 17.30, alla sala Bobi Bazlen di Palazzo Gopcevich, in via Rossini 4, i relatori Gino Bandelli e Marzia Vidulli Torlo si soffermeranno sull’insediamento di Nesazio, importante per il controllo delle dinamiche territoriali e commerciali dell’Istria interna. I ricchi ritrovamenti hanno dimostrato come, soprattutto Nesazio, rientrasse nel circuito adriatico di scambi e di traffici commerciali, ricoprendo un ruolo centrale in una rete di contatti che permetteva l’acquisizione di beni di prestigio volti alla legittimazione del rango di alcuni personaggi o di alcune famiglie, certamente aristocratiche, in rapporto con il mondo italico centro meridionale e poi con l’area del Caput Adriae.

“Nesazio. Dalle fonti ai primi scavi”

Le più antiche fonti letterarie risalenti all’inizio del V secolo a.C. (Periegesis di Ecateo di Mileto datata tra 560 e 480 a.C.) ricordano che la penisola istriana era un territorio abitato dagli Istri e che, venendo da ovest, dopo i Veneti viene il popolo degli Istri e ancora dopo quello dei Liburni, e lo storico romano Strabone (che scrive al passaggio all’era volgare) ricorda che dietro al Timavo c’è il Litorale Istrico fino a Pola, e che rientra nel territorio amministrativo dell’Italia imperiale. Dalle fonti, si desume quindi che quello degli Istri era un gruppo culturale unitario, insediato tra il fiume Risano, a nord ovest, mentre verso nord e nord-est era limitato dal massiccio della Ciceria (dalle pendici orientali del Monte Maggiore e dal fiume Arsa).

In base agli studi recenti, gli Istri appaiono divisi in diverse stirpi, una comunità di tribù autonome, che solo per l’ultima vana difesa, nel 177 a.C., si arroccano in un unico centro: infatti Tito Livio scrive che i principi istri e lo stesso re, il regulus Epulone, si rifugiarono nell’oppido di Nesazio, assediato e conquistato da Roma. Questa circostanza evidenzia tra l’altro come il sito ancora nel II secolo a.C. mostrava una preponderante immagine di sicurezza e prestigio.

Di Nesazio però si erano perse del tutto le tracce e a partire dal XVI secolo gli studiosi si chiedevano quale fosse la sua posizione. Solo dalla metà dell’800 Pietro Kandler lo segna al margine dell’agro centuriato di Pola, presso Altura, ad appena sei miglia (circa 9 chilometri) da Pola stessa, nel luogo detto Visazze/Vizače, in un paesaggio arrotondato di colline, con il ripido declinare dei versanti verso il mare, all’imboccatura del porto canale di Badò sul Quarnero; una insenatura naturalmente riparata, dove, con caratteri tipicamente carsici, scaturiva in mare una polla di risorgenza che garantiva l’approvvigionamento di acqua dolce.

Le scoperte

Su incarico della Società Istriana di Archeologia e Storia Patria, con finanziamento della Provincia dell’Istria, nel 1900 vennero intrapresi i primi scavi archeologici condotti da Alberto Puschi e Piero Sticotti, ambedue in successione direttori del Museo d’Antichità di Trieste. Le campagne di scavo, che si svolsero nei primi due decenni del secolo, misero in luce resti di abitazioni, terme, templi e mura romani, così come una ricca necropoli protostorica. Il ritrovamento di un’iscrizione dedicata all’imperatore Gordiano III da parte della Res Publica Nesactiensium diede allora la conferma che proprio sulla collinetta di Visazze, presso Altura, era lo storico oppido di Nesazio ricordato da Tito Livio.

L’archeologia in Istria ha restituito numerosi siti abitativi e necropoli tali da fornire il panorama di un territorio popolato dagli Istri tra l’età del bronzo finale e la prima età del ferro, caratterizzato da insediamenti anche di considerevole importanza, posti in posizioni strategiche, tanto a dominare la linea costiera, quanto come Nesazio anche al controllo delle dinamiche territoriali e commerciali dell’Istria interna. I ricchi ritrovamenti hanno dimostrato come soprattutto Nesazio rientrasse nel circuito adriatico di scambi e di traffici commerciali, ricoprendo un ruolo centrale in una rete di contatti che permetteva l’acquisizione di beni di prestigio volti alla legittimazione del rango di alcuni personaggi o di alcune famiglie, che potremmo definire certamente aristocratiche, in rapporto con il mondo italico centro meridionale e poi con l’area del Caput Adriae.

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