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Venerdì, 26 Aprile 2024
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La tradizione dei buffet triestini: la guida del Gambero Rosso

Tra le tante e particolari tradizioni triestine non possiamo non ricordare i buffet. Anche il Gambero Rosso ha dedicato un piccolo spazio a questi luoghi, simbolo di convivialità dove è possibile gustare prodotti legati al territorio

Trieste, finestra sul Mediterraneo dell’antico Impero Asburgico, è stata per secoli il crocevia di Occidente e Oriente e la sua identità si rispecchia anche nei riti e nelle abitudini, perché no, anche alimentari.

Tra le tante e particolari tradizioni triestine non possiamo non ricordare i tanti buffet. Anche il Gambero Rosso ha dedicato un piccolo spazio a questi luoghi, simbolo di convivialità e dove è possibile gustare prodotti legati al territorio. Non appena si entra, ci si accorge subito che la differenza con l’altra grande istituzione cittadina, i caffè storici, è abissale.

Sul sito di Gambero Rosso i buffet triestini vengono descritti così: all’eleganza si sostituisce l’allegria tipica dei luoghi in cui scorre molta birra (retaggio austroungarico), ma qui prima di tutto viene lo spuntino. La scelta in città è ampia, ma nel dettaglio vengono citati tre buffet.

Una delle insegne più frequentate è Siora Rosa: il suo cuore è la caldaia in cui sobbolle il maiale, carré, porcina (o spalla), cotechino, pancetta, salsicce di Cragno, würstel, nonché la lingua di vitello. Poi c’è il Buffet da Pepi, aperto nel 1897, il più famoso: anche qui le golose specialità da caldaia disponibili a tutte le ore. Altro locale in cui prende vita ogni giorno il rituale del “rebechin”, l’aperitivo di tarda mattinata, è All’Approdo: tartine, costine e naturalmente l’immancabile bollito da caldaia, da gustare anche in panino con una bella sferzata di senape, cren e crauti.

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